La giurisprudenza classica, e la recente Legge di Riforma del Lavoro (L. 28 giugno 2012 n. 92), hanno sempre trovato alcuni elementi indiziari quali indici di subordinazione. Stare in un posto, avere un computer, rispondere di comandi (per semplificare). Ne parlammo qui. Fornero ha poi aggiunto che ci deve essere un tetto di reddito e una durata di almeno due anni per presumere la subordinazione. Vabbè. Ha dimenticato, però, (soltanto fretta?) un’intera categoria di lavoratori: gli iscritti agli Albi professionali, volutamente esclusi dalla Riforma, che soffrono di situazioni di irregolarità, ai limiti tra autonomia e subordinazione. Tra questi, i giornalisti.
A sorpresa, però, è arrivata il 21 giugno scorso, un’interessante sentenza delle Corte di Cassazione (Sezione Lavoro n. 10332 del 21 giugno 2012, Pres. Vidiri, Rel. Napoletano) relativa a un contenzioso contro la RAI, che introduce una significativa novità nel Diritto: “il lavoro giornalistico è subordinato quando comporta lo stabile inserimento della prestazione nell’organizzazione aziendale“!
L’intera vicenda, come descritta dal Legge e Giustizia.