Ieri è uscito il primo numero di Libero Mercato, dorso di economia di Libero (quello di Feltri e Farina, per intenderci). Mi sono fatto prestare un numero e letto l’editoriale del neo-direttore, Oscar Giannino, dal titolo “Un giornale per la crescita di chi merita“, dove si annuncia in pompa magna che il giornale sarà rivolto alle piccole imprese, ai lavoratori autonomi, artigiani, commercianti e darà addosso, in maniera spudorata, alle grandi imprese e alle banche [vedremo], vere responsabili del nanismo dell’economia italiana. Quello che, però, interessa a questo blog sono le dichiarazioni sul mondo del lavoro, così espresse:
“In Italia il lavoro dipendente privato a bassa qualifica è strangolato dal grande patto concertativo del 1993, e in questi anni ha visto il proprio reddito disponibile aumentare di uno zerovirgola. Bisogna cambiare i modelli contrattuali, introdurre quelli di produttività, aziandali e di territorio: appoggeremo – su questo, non nel settore pubblico, retribuito più del privato e senza criteri di merito – la Cisl, e chi chiede più compartecipazione dei lavoratori a definire i salari non nazionalmente, ma dove si formano i costi e vanno decisi i turni, orari e utilizzo degli impianti”.
Ora, se sulla definizione delle politiche sul variabile potrei anche essere d’accordo, c’è però un errore d’impianto, a mio giudizio, in questa analisi. Lo scivolone è abbastanza evidente: il tentativo di scalzare la concertazione sindacale nazionale sostenendo che sia stato il patto del 1993 a bloccare la crescita salariale. In realtà, se i contratti nazionali sono costantemente in ritardo nei rinnovi e se manca un allineamento al carovita questo si deve proprio al fatto che il Patto del 1993 sia stato gradualmente e lentamante disatteso (in particolare durante i governi di destra). E’ esattamante il contrario! Il tentativo di strizzare l’occhio alla Cisl, che, come noto, ha una visione molto diversa dalla Cgil sulla trattativa sindacale territoriale, è decisamente maldestro.
C’è un secondo errore, questo più tecnico. Non è assolutamante vero che il reddito dei lavori a bassa qualifica sia cresciuto poco (Cfr. post successivo). In realtà, gli operai negli ultimi anni hanno tenuto il livello dell’inflazione [e questo, guarda a caso, si deve ai contratti nazionali e al lavoro dei sindacati]. E anche sul fronte degli impiegati sono quelli a bassa qualifica (segretarie, fattorini ecc.) a essere cresciuti di più negli ultimi cinque anni rispetto a impiegati con professionalità di livello più alto. Se si parla di virgole percentuali, c’è dunque un grosso errore. Se si parla di valori assoluti permane certamente una differenza che però si sta appiattendo. E forse avrebbe fatto meglio Giannino a puntare sul valore del lavoro invece di metterla sul piano sindacale.. Ma tant’è, questo editoriale è in perfetta simbiosi con la linea editoriale di Feltri, che non si allontana molto da una “finta-poco-accorta” e spesso urticante demagogia populista.
Il…Libero mercato.
Grazie Ciro per i link preziosi!!