Onestamente non ho approfondito molto, ma mi pare che Rotondi non abbia detto di abolire la pausa pranzo come molti hanno scritto, bensì di lasciare libertà di gestirla. Il che mi trova ampiamente d’accordo, non fosse altro che per il fatto di essere il capo di me stesso. Da anni oramai faccio pause in maniera disordinata, ma secondo un principio elementare: mi fermo quando si interrompe un flusso di lavoro preciso, imposto dalla logica interna di ciò che sto svolgendo. Inutile dire che questo significa mangiare tra le le 12.00 e le 15.00 (raramente salto anche) senza difficoltà.. e che mi restituisce la chiara percezione di non buttare via tempo, visto che il tempo non me lo paga nessuno. A chi però il tempo lo pagano al minuto (come nel pubblico impiego) è ovvio che puntare su piccoli accorgimenti che aumentano la produttività dia fastidio. Si vanno a toccare diritti fondamentali, compreso quello di avere una gabbia temporale in cui stare al sicuro perché così altri decidono per te come comportarti. E se ti dicono “sentiti libero di migliorare la tua produttività”, magari guadagnando tempo a fine giornata, apriti cielo. Se invece qualcuno, con l’appoggio del sindacato, si inventa che i posti dei padri debbano passare per una corsia privilegiata ai figli, mantenendo privilegi acquisiti – a questo punto in maniera dinastica, con buona pace di tutte le chiacchiere sul merito e sulla scelta dei candidati migliori – allora zitti, che altrimenti qualcuno muore di fame.
Chi tocca muore (di fame)
Ultima modifica: 2009-11-24T09:03:48+01:00 Autore:
Sfortunatamente benché anch’io, leggendo i titoli, mi fossi fatto l’idea di un desiderio di maggior flessibilità del posizionamento orario della pausa pranzo (che sarebbe indicata) alla fine ho dovuto ricredermi: anche lui (il ministro) ritiene “comprimibile” la pausa, tanto che, per se stesso, l’ha di fatto da anni eliminata.